Ritornare, vol. 2

Bentrovatə!

Sono passati due anni dalla mia esperienza a San Francisco, California, un intermezzo di vita durato sei mesi di cui ho raccontato alcuni frammenti nel mio blog. Al rientro in Sardegna avevo scritto Ritornare, un pezzo che ogni tanto rileggo e può considerarsi un evergreen, nel senso che può valere dopo ogni viaggio quella sensazione intima e sospesa che ti fa tenere dentro un magone insoluto e assoluto.

Non ho avuto ancora l’opportunità di tornare negli Stati Uniti e riempio questo vuoto leggendo: tutto Cormac McCarthy, “California” e “Frontiera” di Francesco Costa, “Sparire qui” di McMusa, “Nevada” di Imogen Binnie. Ho preparato un itinerario di viaggio pazzesco su carta ma si spalma su cinque Stati ed è decisamente da rivedere. Dopo il mio primo libro, dove c’è un pezzetto d’America con un racconto su New York, pensavo mi mettessi a scrivere qualcosa del mio viaggio ma il lavoro e la vita da freelance hanno preso il sopravvento. Per Millionaire, prevalentemente sul cartaceo, ho raccontato qualche storia e soprattutto intervistato imprenditori e manager italianə di successo, come Paolo Privitera e le fondatrici di Dorian Therapeutics, Maddalena Adorno e Benedetta di Robilant. Persone inspiring che mi hanno permesso di scrivere storie inspiring.

Ritornare in Sardegna

E adesso? Quando si rientra in micro-cosmi come Cagliari, per esempio, cosa succede? Cosa accade in una delle città più a sud d’Europa, anche detta Cagliarifornia? Che per tanti attimi che poi diventano anni, e nel mio caso sono 10, sembra davvero di avere tutto dalla vita, di aver trovato la combo perfetta tra qualità di vita e lavoro, complice il mare a due passi, buon cibo e un clima perfetto per staccare dall’ufficio o dalla tua scrivania di co-working che spesso e volentieri è casa tua, la possibilità di girare facilmente a piedi in città se vivi più o meno al centro. Pensate che 10 anni fa l’ho preferita a Bruxelles, avevo ricevuto un’offerta di lavoro irrinunciabile e invece alle sarde che rientravano come me dall’estero dopo diversi anni prende quell’orgoglio incomprensibile di rinunciare a qualunque cosa e restare in un’isola. Bellissima eh, ma così mal collegata che in inverno ti passa la voglia di dare uno sguardo perfino su Skyscanner.

Vorrei scrivere “lo sa il vento”, ma è veramente banale, così come per gli scrittori sardi parlare di maestrale, trappola in cui sono caduta anche io, ma l’anno scorso ero all’esordio e quindi nel mio libro potete leggere anche cosa accade quando in Sardegna soffia il maestrale. Quindi vi confesso: lo sa la mia compagna cosa significa sorbire tutti i miei momenti di insofferenza, domande e vaneggi sul restare o ripartire, quelle sensazioni in cui ti saboti e ti prendi in giro (che non sono così megalomane da pensare che lo provino solo i sardi o allargando giusto il cerchio gli isolani), ma forse tanti ventenni/trentenni/quarantenni che fanno e vivono esperienze pazzesche e poi tornano a casa.

Ritornare in Sardegna, nello specifico, è la magra consolazione di vivere in un bel posto che ti sta stretto e… No, scherzo. Davvero. Era da un po’ che volevo riprendere a scrivere in questo blog e anche buttar giù queste righe, perché una delle cose che mi ha insegnato l’America è non considerarsi il centro del mondo. Per cui, tutte le volte che nella nostra buccia di mandarino osservo e mi trovo in situazioni con persone che si sentono super fighe, alternative/creative e uniche al mondo ad avere avuto l’idea del secolo, di default mi catapulto a San Francisco, nel quartiere Mission. Che poi non è vero, ora che scrivo mi rammento che dovrei farlo più spesso, una sorta di meditazione terapeutica preventiva.

Tutto questo per dirvi che tornare è veramente da pazzi innamorati e illusionisti sognatori. Perché se il tuo mestiere è scrivere, quei pezzi, quelle interviste poi le esaurisci. Quelle persone non si moltiplicano. Non incroci per strada dal nulla visionari che ti fanno il pitch della loro startup o ti danno una prospettiva che non avevi mai considerato in vita tua. Ma da questa condizione si può uscire. Non ve l’aspettavate l’happy ending, arrivatə a questo punto, vero? Dicevo quindi, che si supera! E lo si fa trascendendo i confini che vivi. Per questo i miei prossimi progetti travalicheranno queste coste, belle per carità, ma che spesso mi hanno imprigionato. E allora ecco cosa bisogna imparare a fare: sorvolare. Su queste ali, probabilmente, imposterò anche il mio secondo romanzo, che è ora di iniziare a scrivere.

1 commento su “Ritornare, vol. 2”

  1. Tanta stima , tantissima comprensione. Anime gemelle (e non son sarda, lo sai!) 😄😎🤓📖 Il mio prossimo libro si intitolerà “Il Sentiero dell’Olmo” e non ha nulla a che fare con la tanto (amata) Sardegna!

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